L’apprendimento di una nuova lingua è un viaggio affascinante, costellato di scoperte e, ammettiamolo, anche di qualche inevitabile scivolone linguistico. Per noi italiani che ci avventuriamo nel mondo dell’inglese (e viceversa per gli anglofoni che si cimentano con la nostra melodiosa lingua), alcune “trappole” linguistiche sembrano ripetersi con una regolarità quasi matematica. Questi errori, spesso radicati nelle differenze strutturali e concettuali tra le due lingue, possono portare a fraintendimenti o, nel migliore dei casi, a sorrisi divertiti.
In questo articolo, analizzeremo alcuni degli errori più comuni commessi dagli italiani quando parlano inglese e, per completezza, daremo uno sguardo anche alle difficoltà che gli anglofoni incontrano con l’italiano, offrendo consigli pratici su come evitarli e migliorare la propria fluidità.
Gli errori “classici” degli italiani in inglese
Le differenze tra la grammatica, la sintassi e il lessico italiano e inglese sono la principale fonte di errori. Ecco alcuni dei più comuni:
L’Uso dei Plurali
Come abbiamo visto con “information” (e molti altri uncountable nouns), la formazione del plurale in inglese ha le sue regole e alcune eccezioni.
Consiglio: Prestate attenzione ai nomi non numerabili che non prendono la “-s” al plurale.
L’Articolo Determinativo
L’uso (o il mancato uso) dell’articolo “the” è una vera spina nel fianco per gli italiani. Mentre in italiano l’articolo è spesso obbligatorio (es. “Mi piace il caffè”), in inglese il suo utilizzo è più specifico.
Consiglio: Prestate particolare attenzione ai nomi generici e ai concetti astratti, dove spesso l’articolo non è necessario (“I like coffee”, “Knowledge is power”).
I Verbi “Essere” e “Avere”: La confusione tra “to be” e “to have” è un classico. Ricordate che “avere X anni” si traduce con “to be X years old” (“I am 30 years old”), e per esprimere sensazioni fisiche spesso si usa “to be” (“I am cold”, “I am hungry”).
Consiglio: Memorizzate le espressioni idiomatiche comuni che utilizzano “to be”.
I Tempi Verbali: L’inglese ha una ricchezza di tempi verbali che spesso non trovano un corrispettivo diretto in italiano. L’uso corretto del Present Perfect (“I have lived here for 5 years”) e dei tempi progressivi (“I am studying”) richiede pratica.
Consiglio: Focalizzatevi sulla comprensione del significato e dell’uso di ciascun tempo verbale inglese, piuttosto che cercare una traduzione letterale.
I Falsi Amici (false friends): Parole che sembrano simili nelle due lingue ma hanno significati diversi sono una fonte di divertenti (e a volte imbarazzanti) malintesi. Esempi: “camera” (stanza, non macchina fotografica), “actually” (in realtà, non attualmente), “library” (biblioteca, non libreria).
Consiglio: Siate sempre cauti con le parole che sembrano familiari e verificate il loro significato in un dizionario.
La Pronuncia: L’inglese ha suoni che non esistono in italiano (come il “th” o la “h” aspirata) e la pronuncia di alcune vocali e consonanti può essere insidiosa.
Consiglio: Ascoltate attivamente madrelingua inglesi, utilizzate risorse online per la pronuncia e non abbiate paura di esercitarvi.
L’Ordine delle Parole: La struttura della frase inglese (Soggetto-Verbo-Oggetto) è spesso diversa da quella italiana, che è più flessibile.
Consiglio: Abituatevi a costruire frasi seguendo la struttura inglese, soprattutto nelle frasi dichiarative.
Errori da linguisti (anche i migliori sbagliano!)
Ma non pensiate che solo i traduttori alle prime armi o i software un pò “allegri” siano responsabili di questi spassosi malintesi. Anche i linguisti esperti, nella fretta o di fronte a espressioni particolarmente idiomatiche, possono incappare in scivoloni memorabili.
Ricordiamo, ad esempio, la volta in cui un interprete durante una conferenza internazionale tradusse l’espressione inglese “to kick the bucket” (tirare le cuoia) con un letterale “dare un calcio al secchio”. L’imbarazzo in sala fu palpabile, e il povero interprete imparò a sue spese l’importanza di conoscere le espressioni idiomatiche. Un altro aneddoto narra di un traduttore che, alle prese con un testo di marketing che esaltava le proprietà “rivoluzionarie” di un prodotto, rese l’entusiasmo con un fin troppo letterale “revolutionary properties” tradotto come “proprietà rivoluzionarie” con una connotazione politica che non era assolutamente intesa.
Il fascino (e il pericolo) delle traduzioni letterali
Le traduzioni letterali sono spesso la radice di questi divertenti (o imbarazzanti) malintesi. Ogni lingua ha la sua struttura, la sua sintassi e le sue espressioni idiomatiche uniche. Tentare di tradurre parola per parola, senza tenere conto del contesto culturale e linguistico, è come cercare di far entrare un chiodo quadrato in un buco rotondo: il risultato è inevitabilmente… interessante. Prendiamo l’espressione italiana “in bocca al lupo!”. Una traduzione letterale in inglese sarebbe “in the mouth of the wolf!”, che suona decisamente minacciosa e ben lontana dall’augurio di buona fortuna che intendiamo. La traduzione corretta, ovviamente, è “break a leg!”, un’espressione idiomatica altrettanto bizzarra se analizzata letteralmente.
Imparare dagli errori (e farsi una risata)
Questi “dietro le quinte” degli errori di traduzione ci ricordano quanto sia complesso e sfaccettato il lavoro del linguista. Non si tratta solo di conoscere le parole, ma di comprendere le culture, le sfumature e le intenzioni comunicative che si celano dietro di esse.
E se da un lato è fondamentale aspirare alla precisione e all’accuratezza, dall’altro non possiamo negare che questi spassosi malintesi aggiungono un pizzico di colore (e di risate) al nostro mondo globalizzato. La prossima volta che vi imbatterete in una traduzione “creativa”, anziché storcere il naso, magari concedetevi un sorriso. Dietro quell’errore, c’è spesso una storia linguistica involontariamente… affascinante! Avete anche voi incontrato traduzioni memorabilmente sbagliate? Condividetele nei commenti (sempre con rispetto e anonimato, ovviamente)!